Un attore abituato a vivere nell’ombra dei grandi protagonisti, l’opportunità tanto attesa e un monologo che si trasforma in ossessione. Sono questi gli elementi su cui si fonda Storia di un cinghiale. Qualcosa su Riccardo III, la nuova produzione del Piccolo Teatro di Milano, diretta dal regista uruguaiano Gabriel Calderón e interpretata da Francesco Montanari.
Un classico riletto con uno sguardo visionario
Drammaturgo e regista di fama internazionale, Calderón affronta per la prima volta un allestimento in lingua italiana, imprimendo la sua visione innovativa a un classico shakespeariano. Il risultato non è una semplice rivisitazione, bensì un’indagine profonda sui meccanismi del potere e sull’ambizione umana, in cui il confine tra finzione scenica e realtà si fa sempre più labile.
Il teatro come riflesso dell’esistenza
Il protagonista è un attore che, dopo anni trascorsi in ruoli marginali, ottiene finalmente l’occasione della sua vita: interpretare Riccardo III. Tuttavia, man mano che il personaggio prende il sopravvento, la distinzione tra la sua identità e quella del crudele sovrano di York si dissolve. L’ambizione, la sete di affermazione e la frustrazione accumulata emergono con una forza incontrollabile, trasformando il palcoscenico in un luogo di scontro interiore, dove le pulsioni più oscure si rivelano.
Con una scrittura incisiva e contemporanea, Calderón spinge il pubblico a interrogarsi su quanto del personaggio shakespeariano sopravviva ancora nella società di oggi e su quale prezzo siamo disposti a pagare per il successo.
Francesco Montanari: un’interpretazione magnetica
Volto noto del teatro e della televisione, Francesco Montanari affronta un ruolo di straordinaria intensità, dando vita a un personaggio complesso e sfaccettato. Il suo monologo si trasforma in un vero e proprio duello interiore, un crescendo di tensione che cattura e ipnotizza lo spettatore.
Un’esperienza teatrale di grande potenza espressiva, che rende omaggio a Shakespeare con uno sguardo moderno e tagliente. Storia di un cinghiale si impone così come un’opera capace di esplorare i legami profondi tra arte, ambizione e follia.
Uno spettacolo destinato a lasciare il segno. Il pubblico è pronto a sostenere lo sguardo del cinghiale?
a cura della Redazione