Dopo il debutto estivo al Festival di Borgio Verezzi, Alessandro Haber riporta sul palcoscenico la sua anima più autentica con “Volevo essere Marlon Brando”, scritto con Mirko Capozzoli e diretto da Giancarlo Nicoletti. Prodotto da Goldenart Production con il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, lo spettacolo attraverserà i teatri italiani dal 7 novembre al 21 dicembre 2025. È un’autobiografia in forma di confessione, un dialogo ironico e struggente tra l’attore e la sua stessa ombra.
Tra sogno e verità
Tutto nasce da una voce lontana, forse divina, forse interiore, che impone ad Haber di fare i conti con sé stesso. Da qui si apre un racconto che unisce realtà e immaginazione, ricordi e visioni, tra ironia e malinconia. L’artista si spoglia dei personaggi per mostrarsi uomo: fragile, appassionato, sincero. Il risultato è un ritratto potente di un interprete che trasforma la propria vita in teatro e il teatro nella propria vita.
Una mappa emotiva tra luci e musica
In scena con Haber, Francesco Godina, Brunella Platania e Giovanni Schiavo, in un intreccio continuo di ruoli, presenze e memorie. Le scene di Alessandro Chiti, le luci di Antonio Molinaro e le musiche originali del duo Oragravity costruiscono un’atmosfera sospesa, dove ogni emozione prende forma. È un mosaico teatrale che si reinventa di continuo, un flusso di coscienza in movimento, capace di alternare leggerezza e vertigine.
La regia di Nicoletti: quando il pubblico diventa parte del racconto
Per Giancarlo Nicoletti, questo spettacolo è un dispositivo di specchi tra cinema e teatro. L’idea nasce dal salotto di Haber, durante una notte degli Oscar interrotta da un blackout e da una voce, quella di Michele Placido, che lo costringe a guardarsi dentro. La platea viene resa visibile e coinvolta, parte di un rito collettivo. Ogni risata apre un varco verso la verità, ogni scena è una confessione che si trasforma in poesia.
Un atto d’amore per la vita e per l’arte
“Volevo essere Marlon Brando” è il manifesto di un artista libero, che non teme la nostalgia e continua a cercare il presente. Alessandro Haber si racconta con la sua consueta ironia ruvida, alternando aneddoti, confessioni e canzoni dal vivo. Il finale non chiude, ma lascia una domanda sospesa: dove finisce il personaggio e comincia l’uomo? Forse nel teatro stesso, dove ogni sera tutto ricomincia da capo.